la polizia postale avverte di buon mattino la donna che lui è stato arrestato. Lui che per tutto questo tempo l’ha perseguitata, tra sms, telefonate (anche 40 al giorno) e lettere minatorie. Tra appuntamenti erotici presi sul web fingendosi la donna, che si ritrovava file di uomini sotto casa. Tra minacce di morte a lei e ai suoi figli, con disegni di bare, croci e fotografie che ritraevano il volto dell’uomo con una pistola puntata alla tempia. Insomma, quattro anni tra incubi e paura. Anche di uscire di casa. È la storia di Daniela, raccontata qualche settimana fa proprio dal Messaggero. La storia della donna, residente in provincia di Perugia, olandese, 50 anni, due figli e gli occhi azzurri ancora limpidi di speranza, che ha denunciato il suo inferno. Iniziato a settembre 2007, quando conosce in chat Benjamin Esturgie. Trent’anni, francese, disoccupato, in casa con mamma e papà a Gy, un paese ai confini con la Svizzera, e una dannata bravura se “armato” di pc e connessione Internet.
Per lui, perseguitare Daniela era una forma di amore. Per la legge è stalking. Per la Francia un reato non perseguibile. Per questo ci sono voluti quattro anni per fermarlo. Con il primo mandato di arresto europeo in Italia per cyberstalking.
L’operazione è stata firmata dalla polizia postale di Perugia guidata da Annalisa Lillini, che ha arrestato Benjamin Esturgie in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere (per stalking, sostituzione di persona e diffamazione) richiesta dal pm Giuseppe Petrazzini ed emessa dal gip Massimo Ricciarelli. E mentre il maniaco è in attesa di sapere se verrà giudicato in Francia o in Italia, tutti questi nomi Daniela non li dimenticherà più. Hanno siglato la fine del suo incubo e lei, adesso, è felice. «Adesso - ha detto ieri emozionata al Messaggero - ricomincia la mia vita. Grazie di cuore a chi ha raccolto la mia storia e l’ha raccontata. Perché è da quel giorno che qualcosa, evidentemente, si è mosso davvero. Ho aspettato tanto, soffrendo in silenzio insieme alla mia famiglia. Ho fatto decine di denunce, le forze dell’ordine mi sono state vicine, ma è cambiato tutto quando i miei quattro anni sono diventati pubblici. Grazie».
Ha di che essere felice, Daniela. Che finalmente ora potrà riappropriarsi della sua vita. Partendo da quelle piccole cose a cui aveva dovuto rinunciare. «Quali? Anche solo non aver paura di sentire il telefono squillare. Non aver paura di sentir dire ancora una volta “Se non mi ami ammazzo te e i tuoi figli e poi mi suicido”. Potrò finalmente riscrivere il mio nome sul citofono e staccare dal mio condominio tutti quei cartelli in cui avvisavo i “clienti” che Benjamin procurava a mio nome in Rete che io non c’entravo nulla con quegli appuntamenti. Era umiliante. E potrò finalmente avere un rapporto sereno con i miei vicini, stanchi di quelle file notturne di uomini sotto casa e anche delle telefonate di minacce e di insulti che Benjamin faceva anche a loro». Perché lo stalker, una volta che Daniela aveva cambiato numeri di telefono e di cellulare, aveva rintracciato tutti gli abitanti del suo condominio e della sua via (tramite un sito degli abbonati alla fonia fissa e solo digitando l’indirizzo) e aveva iniziato a chiamare anche loro. Una vita pesante, una situazione insopportabile, segnata anche dalla paura della figlia di andare a scuola da sola. Lei che riceveva minacce di morte tramite Facebook e vedeva il suo nome, insieme a quello del fratello, sopra le croci che Benjamin disegnava sulle 16 lettere al giorno che spediva dalla Francia. L’ultimo contatto, proprio con la ragazzina (ancora minorenne) è solo di una settimana fa: sulla bacheca del suo profilo su Facebook ha visto comparire minacce e insulti. Ma ora (anche se il dubbio di Daniela è chissà per quanto) l’incubo è finito.
Del caso si è occupata anche la trasmissione “Le Iene”, che manderà in onda a marzo il servizio in cui il perugino Mauro Casciari, con Daniela e il suo ex marito, è andato a Gy a convincere Benjamin Esturgie a lasciar stare la donna. Il viaggio (era la prima volta che Daniela incontrava di persona il suo aguzzino) è finito a minacce e a calci contro il furgone in cui i tre si erano riparati.
Fonte: Il Messaggero, Febbraio 2011
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