La seconda volta di Pulcina70:
Mi ero ripromessa di non incontrarlo mai più. Dopo quello che era
successo nella casa diroccata, tutte le sevizie che avevo subito... ma
anche l'eccitazione che la paura di lui mi aveva dato e il godimento di
averlo dentro di me e il modo in cui lui
si era preso cura di me, dopo... Non avevo fatto altro che pensarci, da
quel giorno, alternando sensazioni ed emozioni contrastanti.
Ora sono in questo parcheggio che lo aspetto. Mi ha inviato un
semplice sms, con una data, un luogo e un orario: non gli ho risposto e
lui non ha insistito. Forse era sicuro che mi sarei presentata. Infatti
sono qui. Arriva col suo furgoncino scassato e si
parcheggia vicino alla mia auto. Fa scattare la serratura dello
sportello e lo apre. Non dice nulla, ma mi guarda e mi sorride. Sembra
un bambino che ha visto una caramella gigante. Io non sorrido, non ci
riesco. Sento le gambe molli che, mio malgrado, si muovono.
Salgo, partiamo.
Di nuovo il rito della sigaretta. Non so se è una mia impressione, ma
la sua voce che mi chiede di accenderla e passarla mi sembra più
autoritaria dell'altra volta. Come se mi avesse dato un ordine. Guida
veloce e silenzioso. Riconosco subito la strada. Stiamo
tornando nello stesso posto. Mi sento rigida, non riesco a rilassarmi e
continuo a chiedermi perché ho deciso di venire al suo appuntamento.
Appena arrivati lui scende dall'auto e apre la mia portiera. Io non mi
muovo. Con un gesto deciso mi prende per il braccio e mi fa scendere.
Il suo sguardo è già diverso e io ho paura. Mi trascina dentro
stringendo forte il mio braccio, che inizia a dolere.
Con un gesto ampio, mi spinge e io cado seduta in terra.
Lui resta in piedi davanti a me, con le gambe leggermente divaricate, è
immobile. Ho il cuore che batte fortissimo e il fiato corto, so che mi
sta guardando, ma io tengo gli occhi bassi, non oso guardarlo, ho il
terrore di incontrare il suo sguardo sadico.
Mi afferra i capelli e mi fa muovere finché non sono in ginocchio
davanti a lui, il mio viso all'altezza del suo inguine.
Lascia la presa dai miei capelli e si sposta, dopo avermi ordinato di
non muovermi. Io però non riesco, il terriccio sotto le mie ginocchia me
le fa dolere e cerco di mettermi in una posizione meno scomoda.
Con due falcate è di nuovo su di me, mi afferra per i capelli e mi
trascina fino alla parete della stanza, continua a ripetere che me lo
aveva detto che non dovevo muovermi. Mi tira su di peso, mi rendo conto
di non avere più controllo del mio corpo, che lui
muove a suo piacimento, con facilità, come se non pesassi nulla.
Mi fa poggiare le mani sulla parete, le braccia tese: il mio corpo è
piegato a novanta gradi. Mi toglie i pantaloni e tira su i bordi delle
mutande, in modo da scoprire le natiche. Senza avere il tempo di capire,
comincia a colpirmi con le mani nude. I suoi
schiaffi pesanti mi fanno urlare. Sento la pelle che inizia a bruciare.
Mi colpisce, cinque, sette, dieci volte. Si ferma e io non oso più
muovermi. Si è di nuovo allontanato. Ho le guance rigate di lacrime.
Mi afferra di nuovo per i capelli, questa volta però cammino con le
mie gambe, inciampando nei pantaloni incastrati alle caviglie, ma non
cado. Mi riporta nello stesso punto di prima, e mi fa inginocchiare di
nuovo e questa volta sento i sassolini del terriccio
che penetrano la pelle delle mie ginocchia, ma ormai ho capito che è
meglio non muoversi.
Mi ordina di slacciargli i pantaloni e di tirare fuori il suo sesso,
che è duro e pulsante. Si china su di me, mi prende i polsi e me li lega
dietro la schiena. Sento il suo pene poggiare sulla spalla e lo sento
caldo attraverso la maglia. Si tira su, con una
mano mi prende per i capelli e con l'altra preme sulle mie guance per
farmi aprire la bocca. Guida la mia testa alla sua erezione che infila
dentro la mia bocca. Comincia a muovermi e a muoversi, sento il suo
sapore forte, il suo odore di resina. Il suo pene
enorme mi arriva fino in gola, a stento trattengo dei conati, mi sento
soffocare.
Lui non smette, aumenta il ritmo per il suo piacere, che è il suo
unico scopo, mi sta usando, consapevolmente, sta usando il mio corpo per
la sua voglia. Capisco che è inutile fare resistenza, mi dolgono i
muscoli del collo e la mascella, ho problemi a respirare,
un rivolo di saliva mi scende lungo il mento, allora comincio ad
assecondarlo, ascolto il suo ritmo e mi muovo alla velocità che
m'impongono le sue mani. Dopo lunghi e interminabili minuti, sento che
gode e il suo liquido invade la mia gola.
Si allontana di nuovo, io mi accascio a terra, in posizione fetale.
Lui si avvicina, si stende vicino a me e mi avvolge con il suo corpo
tutto, mi contiene. Mi riprometto di non piangere, questa tenerezza mi
fa più male delle sculacciate.
Lentamente, la sua mano comincia ad accarezzare le mie gambe ancora
nude, prima all'esterno e poi all'interno, sempre più in alto, sempre
più insistentemente. Carezze pesanti che si insinuano tra le mie gambe,
sotto le mutande. Con le dita afferra il mio clitoride
e comincia a masturbarmi con movimenti circolari che velocizza man mano
che i miei gemiti aumentano. Infila poi due dita nella vagina fradicia
con l'altra mano e mi fa godere come mai ho goduto nella mia vita. E
mentre godo mi dice "voglio che sei mia per sempre".
Restiamo a lungo sdraiati, tanto da intorpidirci.
Mi spiega, con la sua voce profonda e roca, cosa vuole da me: mi vuole
fare la sua schiava, vuole che io obbedisca a tutti i suoi ordini e non
solo sessuali, vuole che io sia devota a lui e solo a lui per sempre.
In cambio lui mi proteggerà, mi darà sicurezza,
si prenderà cura di me per sempre. Se deciderò di farlo, di
sottomettermi a lui, di accettarlo come mio Padrone, basterà che mi
presenti al prossimo appuntamento. Io non ho parole da dire, ma ascolto
le sue con avidità: mi affascina, nonostante il dolore che
ho provato, e forse anche per quello.
E' un bel racconto. Mi piacerebbe che tuo completassi con l'immagine della tua fica aperta, luccicante di umori.Ciao. S.
RispondiElimina