lunedì 25 novembre 2013

Gang Bang


Il marito di L. la trattava come una troia, anche davanti agli amici. A volte la dava in prestito ad amici e conoscenti, che potevano usarla come volevano, a patto di riportarla indietro in buone condizioni. Una sera il marito le annunciò una sorpresa.

L. fu condotta in un garage abbandonato e le furono messe ai polsi ed alle caviglie delle manette larghe, di cuoio nero, da bondage. Dopo qualche prova, le caviglie furono lasciate libere, mentre le manette dei polsi furono agganciate ad un paranco sospeso al soffitto. Il cavo del paranco fu tirato in modo che L. toccasse terra solo con la punta dei piedi. 

Il primo a fottere L. fu il marito. La scopò a lungo, sostenendole il bacino con le mani. All'inizio, L. sollevò i piedi e li congiunse dietro di lui, quasi abbracciandolo. Poi rinunciò a quella posizione, troppo faticosa, e si lasciò sbattere dal cazzo del marito restando in piedi.

Il secondo uomo afferrò le caviglie di L. e se le mise sulle spalle prima di cominciare a scoparla. Il suo cazzo largo, che la penetrava a fondo, diventò il centro di gravità di L. Ad ogni colpo, L. sobbalzava come una bambola di pezza. L. ebbe un orgasmo quando l'uomo le infilò un dito nel sedere e le chiese: "Ti piace, troia?".

Il terzo uomo decise di fottere L. nel culo. Abbassò il paranco che le sosteneva i polsi in modo che L. fosse piegata a novanta gradi, con la testa leggermente più in basso delle anche. Poi si mise dietro di lei, infilò le sue gambe tra quelle di L., e le allargò fino alla larghezza giusta. Aprì con violenza le natiche di L., quasi volesse spaccarle, e l'ano di L. si tese sotto le luci forti del garage. L'uomo lo lubrificò velocemente con le dita bagnate di saliva, ma le fece male, soprattutto quando infilò tre dita dentro di lei e le fece vibrare. Poi l'uomo infilò il suo cazzo dentro di lei e cominciò a fotterla. Il cazzo era grosso, leggermente arcuato, e le faceva molto male. L'uomo si divertiva ad uscire, aspettare che l'ano di L.  si richiudesse, ed a rientrare con violenza. Ogni volta, che il cazzo rientrava, il dolore per L. era quasi insopportabile. L. non chiese di smettere, ma si limitò a mugolare in silenzio.

Quando il terzo ebbe finito, L. aveva bisogno di orinare. Provò a chiedere educatamente di andare in bagno, ma la sua richiesta fu accolta da un coro di sghignazzate. Qualcuno trovò una vecchia bagnarola e gliela mise sotto. "Falla qui, troia" disse una voce. Le sghignazzate aumentarono. Il paranco venne tirato in modo che L. fosse di nuovo in piedi, con i piedi nella bagnarola. L. non era abituata a farla davanti a tutti, ma non resisteva più. Il getto dell'urina le bagnò le gambe, ed i piedi rimasero immersi nella sua stessa urina. La bagnarola fu messa via, ma qualcuno disse: "Dopo dovrai berla, troia".

Quella sera L. fu scopata da una decina di persone. Alcuni volti erano conosciuti (amici del marito), altri erano sconosciuti. Alcuni la scoparono in piedi, ma la maggior parte preferì abbassare il paranco, metterla a novanta gradi con le gambe molto larghe, e fotterla nella fica o nel culo. Diversi di quelli che la scoparono in fica la fecero mugolare di piacere, o gridare fino all'orgasmo. Sebbene L. fosse stata ben aperta dietro, quelli che la scopavano nel culo spesso la fecero mugolare di dolore.

Di solito, mentre qualcuno scopava L. da dietro,  un altro uomo usava la sua bocca, le ordinava di ripulirgli il cazzo con la lingua, oppure le scopava la bocca, venendo nella sua gola. Un uomo si mise a pecorino davanti a lei, si allargò le natiche ed ordinò al L. di pulirgli il culo con la lingua. "Lecca bene, fino in fondo, troia". L. non vomitò davanti a quella richiesta: senza una parola, si limitò ad eseguire, con doviziosa precisione, finché l'uomo non fu soddisfatto . L. non sentiva neanche nausea, non sentiva i sapori forti dei cazzi che prendeva in bocca. Si limitava ad eseguire ciò che le veniva richiesto, senza lamentarsi. Rimase impassibile anche quando un uomo le pisciò sul viso, sugli occhi, sui capelli.

Quando tutti gli uomini furono soddisfatti, uno di loro prese la bagnarola con il suo piscio, e le ordinò di bere. L. cercò di eseguire come meglio poteva, anche se molto del piscio cadde dalla bagnarola su di lei, sulle sue spalle, sul suo seno. 

L. amava suo marito, e considerò la gangbang di quella sera come un compito da eseguire per dimostrare il suo amore. Fu molto orgogliosa di aver eseguito tutto al meglio delle sue possibilità.

L. ha comunque dei limiti su cui è molto ferma: odia il dolore (niente frustate), non vuole avere a che fare con la merda (scatting) e non vuole far sesso con animali. A parte questo, L. accetta tutto. Ed a volte gode, anche.  

Troia




Il ragazzo di L. la chiamava "troia". Non lo faceva solo quando erano eccitati e stavano facendo l'amore. Lo faceva sempre, anche davanti ad estranei. L. era giovane taciturna, alta e magra, dal sedere appena un pò grosso. L. sopportava in silenzio quelle umiliazioni. Non reagiva. In realtà provava piacere nell'essere umiliata.

Una sera, ad una festa tra amici, dopo aver bevuto un pò, il ragazzo di L. le ordinò di spogliarsi. Completamente. L. avvampò di rossore ed eseguìI partecipanti alla festa restarono attoniti, in silenzio. Tutti gli occhi erano su di lei. Poi il ragazzo di L. prese un pennarello indelebile e cominciò a scrivere a grosse lettere sulla sua schiena. La parola era "Gran troia". I ragazzi delle festa si procurarono altri pennarelli indelebili e cominciarono a scrivere anche loro sulla pelle bianca di L. Le parole erano: "Troia, Gran Troia, Puttana". Anche le ragazze si unirono.

L. bruciava di vergogna, ma restava immobile. Sul suo monte di Venere, c'era una parola, "Troia",  ed una freccia che indicava verso il basso, verso l'ingresso della sua vulva. Sulle sue natiche avevano scritto "Puttana", con delle frecce, una a destra ed una a sinistra, che puntavano verso la fessura al centro.

Qunado L. tornò a casa, piangendo, non riuscì a rimuovere completamente le scritte a pennarello indelebile. Solo ad attenuarle. La scritta "Gran troia" sulla sua schiena era irraggiugibile. Non poteva certo chiedere aiuto a sua madre.

Qualche giorno dopo, L. aveva una visita medica. Una visita di routine. Non pensò ad una scusa per rimandare, e si presentò alla visita. Il medico le ordinò di spogliarsi, e lei, dopo qualche esitazione, eseguì, con il viso rosso di vergogna. Quando il medico le appoggiò lo stetoscopio sulla schiena, vide la scritta "Gran Troia". Le chiese di slacciarsi il reggiseno per vedere meglio. Trovò le tracce, ancora visibili, delle scritte "Troia" e "puttana" sulle sue braccia. Altre scritte mal cancellate erano sui suoi seni. Il medico si eccitò visibilmnete mentre seguiva con le dita quelle scritte sulla pelle di L.

Il medico era un uomo anziano, con un viso ributtante. Disse ad L: "Si sfili gli slip e si metta piegata a 90 gradi sul lettino, troia". L. eseguì in silenzio e si piegò sul lettino. Quell'uomo le faceva schifo, ma la sua fica era un pò umida. Il medico smaneggiò a lungo col suo cazzo per farlo diventare duro, poi lo infilò dentro L. Lei restò immobile e lo lasciò fare. Non impiegò molto a venire. Gocce di sperma colavano dalla fica di L.

Il medico disse ad L. di restare immobile, poi prese il mercurocromo e scrisse sulla vita di L., appena sopra le natiche, le parole "Gran Troia". Sotto mise la sua sigla.

Poi il medico disse ad L:"Può andare, troia". Ma voglio che ritorni tra un mese per una visita di controllo. L. si rivestì ed uscì in fretta dallo studio, rossa di vergogna.