domenica 10 maggio 2009

L'odore di F.

Spesso F. spariva, per intere settimane. Quando tornava a casa, si spogliava lentamente davanti a me, si inginocchiava e restava in attesa, in silenzio, aspettando che le mettessi il suo collare. Poi, come in un rito, aspettava che offrissi il sesso alla sua bocca. E lo accoglieva con gioia.

Finché non avesse deciso di ripartire, F. sarebbe stata ancora una volta mia, completamente mia. Avrei potuto usarla come desideravo: nulla mi sarebbe stato negato. Finché fosse rimasta con me, sarebbe rimasta completamente nuda, a parte il collare. Avrebbe dovuto bere e mangiare da una ciotola per cani, stando a quattro zampe, senza usare le mani.

Quando ero via, F. era libera di aggirarsi per la mia casa, e per il mio giardino. Camminava lentamente, con un passo flessuoso, regale, da pantera. D'estate, amava restare sdraiata sull'erba, all'ombra degli alberi, in un punto dove c'era sempre una lieve brezza. Quando tornavo a casa, mi aspettava nel soggiorno, in ginocchio. Potevo sentire l'odore selvatico e dolce della sua pelle. Mi avvicinavo a lei, e restavo immobile, col sesso già eretto, separato dal suo viso solo dalla stoffa sottile dei miei vestiti. Lei apriva i miei pantaloni ed estraeva il mio sesso. Poi lo succhiava, quasi assorta, guardandomi fisso negli occhi. Era il suo modo per dirmi che voleva essere, ancora una volta, completamente mia.

Questo era solo l'inizio del nostro gioco. Ad un mio cenno, lei riponeva il mio sesso nei pantaloni, e si metteva carponi, con le gambe ben aperte, come le avevo insegnato. Le mie dita accarezzavano il suo sesso, facendolo bagnare e schiudere. Aspiravo il suo odore selvatico, speziato, inebriante. Poi le mie dita entravano nel suo ano, che lei apriva arrendevolmente per me. Dopo questo rito, potevo usarla come desideravo.

Quando ero a casa con F. , anch'io preferivo restare nudo. Se ero seduto alla scrivania, lei si accucciava ai miei piedi. Conosceva perfettamente i ritmi del mio desiderio. Quando sapeva che non l'avrei rifiutata, si inginocchiava tra le mie gambe, prendeva il mio sesso tra le labbra, e lo succhiava lentamente, fino a che non riempiva la sua bocca. Poi mi guardava, in attesa. Senza usare parole, solo con le mani, io le indicavo se desideravo usare il suo sesso, oppure la sua apertura più stretta. A volte preferivo restare seduto alla scrivania, e continuare ad usare la sua bocca, afferrandole i capelli per guidare i suoi movimenti. Quando stavo per raggiungere il massimo del piacere, la mia stretta sui suoi capelli si faceva sempre più forte, in modo da spingere il sesso in fondo alla sua gola, togliendole il respiro, fino a che il mio seme non schizzava dentro di lei.

Dopo avermi soddisfatto, F. ripuliva il mio sesso con la bocca, fermandosi ogni tanto per guardarmi, con un viso da scolaretta soddisfatta. Poi, si accucciava di nuovo vicino a me, in attesa. Ogni tanto, stiracchiandosi, mi sfiorava le gambe.

A volte, se mi desiderava più del solito, strofinava lentamente il suo sesso, aperto e bagnato, sulle mie gambe. Poi si girava, e prendeva il mio sesso, che ora sapeva già turgido, tra le labbra, guardandomi con aria innocente.

Nel folto tappeto sotto la mia scrivania potevo sentire l'odore della pelle di F., e del suo sesso. A volte, se lei era andata via, l'odore di quel tappeto accendeva la mia nostalgia, ed il mio desiderio. Ma sapevo che F. sarebbe tornata da me.






NdA. Le fantasie erotiche esposte in questo racconto sono proprietà privata di Mademoiselle F.



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sabato 9 maggio 2009

F., la mia nuova cagnetta

Ho sempre amato la solitudine. E poi, trascorro a casa così poco tempo, che non ne ho per sentirmi solo.
Fuori casa, ci sono il lavoro, gli amici. A volte, c'è qualche donna da amare, ma solo per fare sesso, finchè uno dei due (di solito lei) non si stanca.
A casa, c'è il silenzio, il rumore del vento sulle foglie degli alberi del mio giardino.
Avevo pensato di prendere dei cani, da tenere nel mio giardino. Ho sempre amato i cani, e nel giardino c'è molto spazio. Avrei voluto prenderne due, un maschio ed una femmina, perchè non si sentissero soli.
Mi avevano consigliato un buon negozio di animali. Quando entrai nel negozio, provai una sensazione strana. Il commesso mi guardò negli occhi e, senza neanche lasciarmi parlare, mi disse "Ho ciò che fa per lei". Poi mi fece cenno di seguirlo nel retro. Là, semidraiata dentro una grande gabbia immersa nella penombra, c'era una donna completamente nuda. Una bella ragazza dai grandi occhi verdi. "Si chiama F." mi disse il commesso "ed è molto ben addestrata".
Il commesso aprì la porta della gabbia, e F. uscì in silenzio, camminando a quattro zampe. Venne subito verso di me. Aveva un odore selvatico, ma buono, simile a quello di una gatta.
F. si fermò davanti a me, si inginocchiò e, dopo avermi guardato negli occhi, aprì i miei pantaloni ed estrasse il mio sesso. Cominciò a succhiarlo, con dedizione, fermandosi ogni tanto per guardarmi negli occhi. Quando la mia erezione riempì la sua bocca, nei suoi occhi apparì una luce di soddisfazione, simile a quello di una scolaretta felice per il buon voto che sta per prendere all'interrogazione.
Sempre più eccitato, premetti le mani sulla nuca di F. , e spinsi il mio sesso a fondo, sempre più a fondo, nella sua gola. Lei mi accettò con gioia, anche se a volte le mancava il respiro. Continuai a muovere il mio sesso nella sua bocca, fino a che il mio seme non sgorgò e, poco dopo, mi placai. Quando estrassi il mio sesso dalla sua bocca, lei mi guardò, quasi con orgoglio, ed ingoiò il mio seme. Poi si rimise a quattro zampe, si girò, allargò bene le gambe, e strusciò il suo sesso sulla mia gamba. Il suo sesso era caldo, aperto, bagnato.
"La compro" dissi al commesso. Poco dopo uscivo dal negozio, portando al guinzaglio F. , che mi seguiva orgogliosa, completamente nuda, camminando a quattro zampe.








NdA. Le fantasie erotiche esposte in questo racconto sono proprietà privata di Mademoiselle F.



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lunedì 4 maggio 2009

La mia prima cagna

E. diceva di amarmi. Non era solo una questione di sesso: non voleva solo questo. Da mesi, mi diceva di voler essere mia, solo mia. Ma era troppo giovane per me. E poi, io non avevo tempo per lei: avevo il lavoro, le altre donne, le donne del mio passato, che continuavo a vedere, ad amare ...


Da anni io vivevo da solo, in una villetta di periferia, ma non avevo tempo per E. . La amavo, ma allo stesso tempo volevo essere libero. Lei voleva che io fossi completamente suo. E. mi aveva dato tutto di sè: aveva imparato a muovere la sua bocca, la sua lingua sul mio fallo, fino a conoscere alla perfezione i ritmi del mio piacere. Io avevo imparato ad usare alla perfezione il sesso di E. , come un strumento musicale fatto di carne, che si apriva, si bagnava e vibrava fino all'orgasmo sotto le mie dita. Superando la sua ritrosia, la sua vergogna iniziale, il mio fallo aveva prima forzato, poi scavato ed aperto anche la sua apertura piu' stretta, fino a farne un passaggio agevole, che lei mi donava volentieri.


Per mettere alla prova l'amore di E. per me, cominciai a sottoporla a prove sempre piu' umilianti, che lei accettava e superava, ogni volta piu' orgogliosa di essere all'altezza. Una sera, quando arrivo' a casa mia, fremente di gioia, di amore e di eccitazione, io la baciai sulla bocca, come sempre. Poi le dissi di inginocchiarsi, ed offrii il mio sesso eretto alla sua bocca. Dopo il rossore e l'umiliazione iniziali, lei accettò il mio sesso con gioia, come un dono. E, da allora, mi salutò sempre in quel modo. Io non glielo impedivo, anzi ... mi piaceva accarezzarle i capelli, mentre la sua bocca era su di me. E mi ero abituato, quando poi lei si rialzava e mi baciava sulla bocca, a sentire il sapore salato del mio sesso tra le sue labbra.


Un'altra volta guidai E. verso il bagno, la feci inginocchiare nella vasca, con la bocca socchiusa, e le dissi di bere la mia urina. Nascondendo il disgusto, lei bevve, sorso dopo sorso, il fiotto caldo che usciva dal mio sesso, semieretto per l'eccitazione. Quando io mi fermavo per lasciarla ingoiare, lei mi guardava fisso negli occhi, orgogliosa, con un'aria di sfida nei suoi grandi occhi verdi da bambina. Alla fine, prese in bocca la punta del mio sesso, e la succhiò in silenzio, guardandomi sempre negli occhi. Continuai ad usarla spesso in quel modo. Non era necessario portarla in bagno: sapevo che la sua bocca non avrebbe lasciato cadere neanche una goccia.


Una sera, dopo aver fatto all'amore, lei mi disse ancora una volta di volere essere mia, solo mia. Decisi di metterla alla prova. Andai in cantina, per prendere il collare di una cagna di razza labrador, che per tutta la sua vita aveva vissuto con me, e che io avevo amato. Tornai su e, in silenzio, le infilai il collare. Lei mi guardò stupita, con gli occhi verdi sgranati. Poi capì. Si mise a quattro zampe, e cominciò a leccarmi la mano. Questo fu l'inizio di una nuova storia.

 




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