venerdì 25 novembre 2011

Puttana per lui




(continua da: "Sei la mia puttana")



La sera dopo, il marito di Giulia le telefonò a casa dall’ufficio, e le disse di prepararsi per andare a cena fuori. Giulia scelse un tailleur un po’ sobrio, e delle scarpe col tacco alto. Mentre guidava verso il ristorante, lui rimase in silenzio, accarezzandole distrattamente le cosce. Giulia era molto a disagio, sapeva che doveva sdebitarsi per quanto era successo la sera prima. Il silenzio scostante del marito la fece sentire ancora più a disagio.


L'auto non stava percorrendo la solita strada. Ad un certo punto il marito fermò l'auto in una strada male illuminata, e prese dal bagagliaio una busta con il marchio di una boutique. Porse a Giulia la busta e le disse: “Devi cambiarti”. La busta conteneva solo una maglietta aderente e scollata, e una mini gonna. Niente slip e reggiseno. Giulia indossava una raffinatissima lingerie nera, di pizzo. “Perché dovrei togliermi l’intimo?” gli chiese. Lui le disse solo: “Te lo spiegherò dopo”. Giulia dovette cambiarsi in macchina, facendo attenzione a non sciupare la gonna del tailleur, e dimenandosi per infilarsi la mini gonna. Quella strada non era poi cosí isolata, e Giulia dovette cambiarsi sotto lo sguardo indiscreto di alcuni passanti.

Dopo che Giulia si fu cambiata, il suo viso era rigato dalle lacrime. Sicuramente lui poteva vederle brillare, anche nella luce fioca che mandava la plafoniera dell’auto. Giulia avrebbe voluto essere abbracciata. Lui estrasse il cazzo dai pantaloni, e le disse di succhiarlo. Giulia restò resto impietrita. Dopo un tempo che le parve lunghissimo, Giulia si chinò su di lui, reprimendo un singhiozzo. “Aspetta” disse lui, e le porse un profilattico. “Mi hai preso per una puttana?” gridò Giulia. Lui la schiaffeggiò. Giulia aprì singhiozzando la confezione, che conteneva un profilattico di un vistoso color rosa fragola, ovviamente aromatizzato alla fragola. Non le fu difficile infilare il profilattico sul cazzo di suo marito: era già duro. Giulia capì che diversi passanti potevano intuire quello che lei stava facendo, con le mani tra le gambe di quell'uomo seduto al volante. Giulia fu quasi felice di chinarsi su di lui, per prendere in bocca il suo cazzo: almeno nessuno l’avrebbe vista in viso. Ma il suo sedere era poggiato di traverso sul sedile, fin troppo visibile attraverso il finestrino dell'auto.

Il marito mise una mano sulla nuca di Giulia, per accompagnare i suoi movimenti, e l’altra tra le sue natiche. Poi le sollevò la gonna, solo dietro, e fece scorrere le sue dita fino alla sua fica. Era già bagnata. Ogni tanto Giulia sentiva dei passi frettolosi lungo la strada. I passi rallentavano in corrispondenza della loro auto, per poi riprendere il loro ritmo. Giulia sapeva che i passanti rallentavano proprio per vedere ció che lei stava facendo. Intanto il marito accarezzava e dilatava le natiche di Giulia, infilando le dita nella sua fica ora calda e scivolosa. Il pensiero che qualcuno potesse vedere ció che il marito le stava facendo con la mano la eccitava, inutile negarlo. Dal rumore dei passi che echeggiavano lungo la strada, Giulia potè contare diversi passanti: una donna frettolosa, con i tacchi alti, una coppia, un uomo dal passo un pò strascicato … Giulia smise di contare. Ora si sentiva un gruppo di persone che si avvicinavano  chiacchierando, e che ammutolirono proprio vicino alla loro auto … Giulia provava vergogna, ma anche piacere. Un piacere sottile, indefinibile. Il clitoride le pulsava.

Ad un certo punto il marito afferrò i capelli di Giulia sulla nuca e le sollevò il viso, ancora rigato di lacrime, indicandole il finestrino dell’auto. C’era un uomo che li stava guardando. Il marito di Giulia le disse: “Non preoccuparti, è un mio amico”. L’uomo si avvicinò all’auto, con un sorriso mellifluo, fino a fermarsi a pochi centimetri dal finestrino. “Ora continua, non badare a lui”, le disse il marito. Giulia dovette riprendere in bocca  il suo cazzo sotto lo sguardo di quello sconosciuto. Le dita del marito tornarono dentro la fica di Giulia, sempre piú calda e pulsante. Ogni tanto, il marito afferrava Giulia per i capelli, sollevava lentamente il suo viso dal cazzo eretto, e faceva in modo che lei vedesse lo sconosciuto che li stava osservando dietro il finestrino dell'auto. Per poi tornare a spingere il suo viso in giù, fino in fondo. Fino a che le labbra di Giulia non gli sfioravano le palle.

Il marito venne dentro la bocca di Giulia, dopo averla goduta fino in fondo. Quando ebbe finito, scese dall’auto, lasciando lo sportello aperto, e al suo posto si sedette lo sconosciuto che prima li stava osservando. “Ora tocca a lui”, le disse il marito. L’uomo estrasse il cazzo dai pantaloni e guardò Giulia, restando in attesa. 






25 Novembre 2011

Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne




Masochiste?
 Sì, ma solo per gioco, per piacere e per libera scelta.


giovedì 24 novembre 2011

Sei la mia puttana





Tutto era cominciato per caso, quando suo marito aveva sopreso Giulia mentre si toccava davanti al computer, guardando foto porno. Giulia non sapeva da quanto tempo suo marito era lì, pochi passi dietro di lei. Non sapeva da quanto tempo lui la stava guardando. Sullo schermo del computer c’era l’immagine di una pornostar che succhiava un cazzo enorme, sorridendo in modo ammiccante alla fotocamera.
Quando Giulia si accorse di lui, quando vide il riflesso familiare del suo viso sullo schermo del computer, era troppo tardi: stava gemendo di piacere, con la camicia da notte sollevata, arrotolata fino ai fianchi, ed una mano tra le cosce. Con l’altra mano, si stava accarezzando i capezzoli. Le sue mutandine erano posate sulla scrivania, vicino allo schermo del computer. Giulia venne lo stesso, dimenando anche i fianchi, guardando il viso del marito riflesso sullo schermo del computer, su quel cazzo enorme. Giulia venne senza ritegno. Gemendo e dimenandosi. Come una troia.
Ora Giulia avrebbe voluto andare in bagno. Ma invece rimase come inebetita, con gli occhi bassi, davanti allo schermo del computer. Non sapeva cosa fare, si vergognava come una bambina. Aveva la pelle sudata, il viso rosso di piacere e di vergogna. Lui si avvicinò fino a a pochi centimetri da lei. Fino a frapporsi tra lei e lo schermo del computer. Poteva sentire il suo odore. Giulia rimase immobile. Poi sentì il sesso di suo marito, già eretto, premerle contro la bocca. E le sue mani afferrarle i capelli sulla nuca. Giulia si limitò a socchiudere un po’ la bocca. Lui fece tutto il resto, senza dire una parola. Giulia non l’aveva mai sentito così duro. Lui usò la bocca di Giulia senza ritegno, senza rispetto, come non aveva mai fatto. Spingendole il cazzo fino in gola. Togliendole il respiro. Giulia si limitò a gemere e a tentare di respingerlo in modo un po’ goffo, restando inerte, come una bambola di pezza. Pensò che con la saliva gli avrebbe sporcato i pantaloni, che avrebbe dovuto smacchiarli prima di portarli in lavanderia per lavarli a secco. Ma quando lui le sussurrò all’orecchio che era una puttana, Giulia provò un brivido di piacere. Niente di vistoso, solo un brivido. Lui le si accostò ancora di più, e Giulia sentì della saliva colare dal suo mento. Gli avrebbe sporcato i pantaloni. Lui ordinò a Giulia di allargare di più le cosce, e le si avvicinò ancora, premendole le mani contro la nuca. Giulia sentì un’ondata di piacere. Ora la sua fica colando. Avrebbe bagnato la sedia sotto di lei. Giulia non era mai stata scopata così, come una puttana. Dovette ingoiare quel cazzo per intero, fino alle palle. Quasi non riusciva a respirare. Dovette trattenersi per non vomitare. Intanto i capezzoli di Giulia, duri e sensibili, sfioravano la stoffa dei pantaloni del marito. E ogni contatto le dava un brivido. Quando lui venne, Giulia temette di soffocare. Lei lo accolse in silenzio, maledicendo quella maledetta pornostar succhiacazzi che l’aveva messa in quella situazione. La pornostar sorrideva, sempre ammiccante, sullo schermo del computer, anche se ora Giulia non poteva vederla (il suo viso era schiacciato sul pube di suo marito). Quando lui ebbe finito, ordinò a Giulia di succhiargli per bene il cazzo, per ripulirlo. Giulia provò un brivido di piacere. Eseguì docilmente, appoggiandosi su di lui, sfiorandolo con i seni, con la schiena leggermente inarcata in avanti, stringendo leggermente le sue gambe tra le cosce. Lui le sussurrò dolcemente all'orecchio: "Sei la mia puttana". Giulia annuì. Sotto la sua fica, sulla sedia, c'era una piccola pozza di umori.


(continua con "Puttana per lui")


(Solo Immagini): Devi metterci più passione


Sei la mia puttana





Tutto era cominciato per caso, quando suo marito aveva sopreso Giulia mentre si toccava davanti al computer, guardando foto porno. Giulia non sapeva da quanto tempo suo marito era lì, pochi passi dietro di lei. Non sapeva da quanto tempo lui la stava guardando. Sullo schermo del computer c’era l’immagine di una pornostar che succhiava un cazzo enorme, sorridendo in modo ammiccante alla fotocamera.
Quando Giulia si accorse di lui, quando vide il riflesso familiare del suo viso sullo schermo del computer, era troppo tardi: stava gemendo di piacere, con la camicia da notte sollevata, arrotolata fino ai fianchi, ed una mano tra le cosce. Con l’altra mano, si stava accarezzando i capezzoli. Le sue mutandine erano posate sulla scrivania, vicino allo schermo del computer. Giulia venne lo stesso, dimenando anche i fianchi, guardando il viso del marito riflesso sullo schermo del computer, su quel cazzo enorme. Giulia venne senza ritegno. Gemendo e dimenandosi. Come una troia.
Ora Giulia avrebbe voluto andare in bagno. Ma invece rimase come inebetita, con gli occhi bassi, davanti allo schermo del computer. Non sapeva cosa fare, si vergognava come una bambina. Aveva la pelle sudata, il viso rosso di piacere e di vergogna. Lui si avvicinò fino a a pochi centimetri da lei. Fino a frapporsi tra lei e lo schermo del computer. Poteva sentire il suo odore. Giulia rimase immobile. Poi sentì il sesso di suo marito, già eretto, premerle contro la bocca. E le sue mani afferrarle i capelli sulla nuca. Giulia si limitò a socchiudere un po’ la bocca. Lui fece tutto il resto, senza dire una parola. Giulia non l’aveva mai sentito così duro. Lui usò la bocca di Giulia senza ritegno, senza rispetto, come non aveva mai fatto. Spingendole il cazzo fino in gola. Togliendole il respiro. Giulia si limitò a gemere e a tentare di respingerlo in modo un po’ goffo, restando inerte, come una bambola di pezza. Pensò che con la saliva gli avrebbe sporcato i pantaloni, che avrebbe dovuto smacchiarli prima di portarli in lavanderia per lavarli a secco. Ma quando lui le sussurrò all’orecchio che era una puttana, Giulia provò un brivido di piacere. Niente di vistoso, solo un brivido. Lui le si accostò ancora di più, e Giulia sentì della saliva colare dal suo mento. Gli avrebbe sporcato i pantaloni. Lui ordinò a Giulia di allargare di più le cosce, e le si avvicinò ancora, premendole le mani contro la nuca. Giulia sentì un’ondata di piacere. Ora la sua fica colando. Avrebbe bagnato la sedia sotto di lei. Giulia non era mai stata scopata così, come una puttana. Dovette ingoiare quel cazzo per intero, fino alle palle. Quasi non riusciva a respirare. Dovette trattenersi per non vomitare. Intanto i capezzoli di Giulia, duri e sensibili, sfioravano la stoffa dei pantaloni del marito. E ogni contatto le dava un brivido. Quando lui venne, Giulia temette di soffocare. Lei lo accolse in silenzio, maledicendo quella maledetta pornostar succhiacazzi che l’aveva messa in quella situazione. La pornostar sorrideva, sempre ammiccante, sullo schermo del computer, anche se ora Giulia non poteva vederla (il suo viso era schiacciato sul pube di suo marito). Quando lui ebbe finito, ordinò a Giulia di succhiargli per bene il cazzo, per ripulirlo. Giulia provò un brivido di piacere. Eseguì docilmente, appoggiandosi su di lui, sfiorandolo con i seni, con la schiena leggermente inarcata in avanti, stringendo leggermente le sue gambe tra le cosce. Lui le sussurrò dolcemente all'orecchio: "Sei la mia puttana". Giulia annuì. Sotto la sua fica, sulla sedia, c'era una piccola pozza di umori.


(continua con "Puttana per lui")


lunedì 21 novembre 2011

Il collare di Eva

(continua da: "Il risveglio di Anna").
L'uomo avvicinò il suo cazzo duro alla bocca di Anna. Lei si inginocchiò e cominciò a leccarlo, voluttuosamente. Aveva un buon sapore. Anna si chiese quanti uomini avrebbe soddisfatto prima di sera. Ripensò al cazzo del suo padrone, a come quella sera lui l'avrebbe aperta dietro, a quanto lei avrebbe goduto. La sua fica si stava già bagnando ...
Al primo uomo se ne aggiunse un secondo. Anna restò in ginocchio, dividendosi tra i due uomini, cercando di soddisfarli al meglio con la bocca e con le mani. Anna sapeva che il suo padrone sarebbe stato felice di lei, della sua bravura. Ma lui sarebbe arrivato solo quella sera, per aprirla dietro, per godere di lei dove era più stretta. Ora Anna sentiva la sua fica calda, pulsante di piacere. Si sentiva una vera vacca. Ed era felice di esserlo. Mentre uno dei due uomini veniva nella bocca di Anna, impastandole i seni con le mani, l'altro si mise di lato e le strofinò per un attimo la punta del sesso bagnata di saliva sulla guancia, poi il suo sperma schizzò sul viso di Anna. Anna si ripulì velocemente il viso con la mano (un filo di sperma le rimase tra i capelli) e continuò a succhiare voluttuosamente i sessi dei due uomini, fino a che essi non furono completamente soddisfatti. Anna sentì il cazzo di un altro uomo, già duro e pulsante, sfiorarle il viso. L'uomo le spinse con rudezza la schiena in avanti, ed Anna si trovò carponi, con le mani e le ginocchia sulla paglia del suo giaciglio. L'uomo le allargò le cosce con forza e la prese da dietro. Il suo cazzo entrò nella fica di Anna, già aperta e bagnata, come nel burro fuso. Non impiegò molto a riempirla di sperma. Anna provò dei brividi di piacere quando sentì l'uomo venire dentro di lei. Poi dovette ripulirlo con la bocca, mentre il suo sperma le colava lentamente tra le cosce. Prima di sera, Anna aveva soddisfatto diversi uomini. Non aveva che la paglia del suo giaciglio per ripulirsi: il suo viso, i suoi capelli e il suo sesso erano impiastricciati di sperma. Fu così che il suo padrone la trovò quella sera. Quando lo vide, Anna andò verso di lui, guardandolo fisso negli occhi, poi si inginocchiò, estrasse il suo cazzo dai pantaloni, e cominciò a succhiarlo con dedizione. Con amore. Il suo padrone le annunciò che, da quella sera, lei avrebbe avuto un nuovo nome: Eva. Eva indossò con gioia il collare che il suo padrone aveva portato per lei. Sul collare c'erano una targhetta in argento con il suo nuovo nome, ed un piccolo campanellino in argento. Eva leccò le dita del padrone con gratitudine. Poi lui la guidò verso un tavolino basso e la fece piegare in avanti. Le sue dita entrarono facilmente nel sesso di Eva, dove lei era calda e bagnata. Eva gemette di piacere sentendo le dita del suo padrone entrare dentro di lei. Poi sentì quelle dita farsi strada dietro, dove lei era più stretta, usando solo un pò di saliva per lubrificarla. E provò un brivido. Il padrone giocherellò un pò con Eva, sculacciandola, allargando le sue natiche, mostrando le sue parti più intime agli uomini e alle donne ospiti della casa. Eva era rossa di vergogna. Eppure, sentire le mani del suo padrone che la palpavano, la aprivano, come se fosse una vacca, le dava un inspiegabile senso di orgoglio. Eva provò un brivido di piacere quando il suo padrone la sculacciò leggermente, chiamandola "la mia vacca". Il padrone ordinò ad uno degli uomini di tenere ben aperte le natiche di Eva prima di sodomizzarla. Quando il cazzo del suo padrone entrò bruscamente dentro di lei, Eva gridò di dolore. Le sue grida furono soffocate dal cazzo duro e caldo di un altro uomo, che la riempì fino alla gola. Lei dovette soddisfarlo. Il padrone continuò a lungo ad impalare Eva, senza pietà, tenendola per i fianchi, per le spalle, o per i seni. All'inizio il cazzo del padrone usciva da lei per qualche attimo, dandole un pò di respiro, per poi rientrare con forza. Ogni volta che quel cazzo entrava, Eva poteva sentire distintamente il glande, largo e tozzo, che la apriva fin quasi a spaccarla, poi l'asta, che si stringeva alla base, dandole un pò di tregua quando era tutto dentro. A volte Eva sentiva anche le dita di un altro uomo entrare dentro di lei, nella sua fica, fino in fondo, fino all'utero, e vibrare. Questo era solo piacere, piacere puro. Lentamente al dolore si aggiunse il piacere, un piacere indefinibile. Eva godeva ad essere aperta, sfondata, davanti e di dietro. Eva prese a desiderare che il cazzo del suo padrone fosse tutto dentro di lei, che la riempisse, che la sfondasse. Eva gemette quando il suo padrone la chiamò ancora "vacca", torcendole i seni ritmicamente, sussurrandole nell'orecchio che sapeva quanto le piaceva essere sfondata. Il padrone impiegò molto tempo prima di venire, facendo tintinnare ritmicamente il campanellino del collare di Eva ogni volta che la sbatteva. Nel frattempo, lei dovette soddisfare diversi uomini con la bocca. E diversi uomini infilarono le dita nella sua vagina, fino in fondo, facendola godere. Quanti uomini? Quante dita? Eva non lo sapeva. La sua fica era calda, aperta, pulsante. Eva gemette quando finalmente sentì lo sperma del padrone che la riempiva. In quel momento lui la teneva forte per le spalle. Eva poteva sentire il suo cazzo pulsare dentro. Dentro di lei. Eva si spinse all'indietro, per schiacciarsi contro di lui, per farlo godere meglio. Poi ebbe un orgasmo. Quando il padrone ebbe finito, Eva gli leccò le dita, felice di averlo fatto godere. Lui le offrì il suo cazzo da succhiare. Eva lo prese in bocca, avidamente.


(continua con: "Una vacca perfetta")