venerdì 7 gennaio 2011

Perchè ci piace il postporno?






“C’è vita al di là del mondo normalizzato”
  Beatriz Preciado


Nella storia della lotta delle donne per la liberazione sessuale alcune problematiche hanno sempre provocato difficoltà di analisi e grandi imbarazzi. Tra queste la più controversa è indubbiamente quella sulla pornografia.

L’industria pornografica contemporanea, caratterizzata da una produzione seriale e una distribuzione su larga scala, nasce negli anni ’50 negli Stati Uniti. Nel 1953 Hugh Hefner lancia una rivista nuova, dedicata agli uomini. Nel primo numero di questa rivista compare la foto a colori di una giovane donna seminuda destinata a diventare una diva erotica del XX secolo. La ragazza è Marilyn Monroe, la rivista Playboy.

In piena guerra fredda Playboy, trasformandosi nella rivista maggiormente distribuita negli Stati Uniti (alla fine degli anni ’60 era arrivata ad avere un pubblico maschile di più di sei milioni di lettori), apportò un contributo eccezionale al cambiamento del panorama culturale e dell’immaginario sessuale maschile. Nascono con Playboy nuovi miti erotici: la ragazza della porta accanto, la coniglietta, la cameriera, la segretaria… Lo sguardo dell’uomo si insinua in una artificiosa intimità per spiare le vite surreali di donne giovanissime, chirurgicamente rimodellate e apparentemente prive di una ricerca del piacere non funzionale a quello maschile. I corpi nudi che vengono mostrati sono frutto di una ricercata architettura di genere, i canoni estetici rappresentano l’esasperazione di ciò che è considerato “femminile”: il risultato è un paradosso. Il mondo dell’immaginario pornografico è popolato di superfemmine che svolgono azioni quotidiane, come passare l’aspirapolvere o battere a macchina, e che con espressione di sorpresa e accondiscendenza soddisfano le voglie del maschio di turno.


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