lunedì 4 maggio 2009

La mia prima cagna

E. diceva di amarmi. Non era solo una questione di sesso: non voleva solo questo. Da mesi, mi diceva di voler essere mia, solo mia. Ma era troppo giovane per me. E poi, io non avevo tempo per lei: avevo il lavoro, le altre donne, le donne del mio passato, che continuavo a vedere, ad amare ...


Da anni io vivevo da solo, in una villetta di periferia, ma non avevo tempo per E. . La amavo, ma allo stesso tempo volevo essere libero. Lei voleva che io fossi completamente suo. E. mi aveva dato tutto di sè: aveva imparato a muovere la sua bocca, la sua lingua sul mio fallo, fino a conoscere alla perfezione i ritmi del mio piacere. Io avevo imparato ad usare alla perfezione il sesso di E. , come un strumento musicale fatto di carne, che si apriva, si bagnava e vibrava fino all'orgasmo sotto le mie dita. Superando la sua ritrosia, la sua vergogna iniziale, il mio fallo aveva prima forzato, poi scavato ed aperto anche la sua apertura piu' stretta, fino a farne un passaggio agevole, che lei mi donava volentieri.


Per mettere alla prova l'amore di E. per me, cominciai a sottoporla a prove sempre piu' umilianti, che lei accettava e superava, ogni volta piu' orgogliosa di essere all'altezza. Una sera, quando arrivo' a casa mia, fremente di gioia, di amore e di eccitazione, io la baciai sulla bocca, come sempre. Poi le dissi di inginocchiarsi, ed offrii il mio sesso eretto alla sua bocca. Dopo il rossore e l'umiliazione iniziali, lei accettò il mio sesso con gioia, come un dono. E, da allora, mi salutò sempre in quel modo. Io non glielo impedivo, anzi ... mi piaceva accarezzarle i capelli, mentre la sua bocca era su di me. E mi ero abituato, quando poi lei si rialzava e mi baciava sulla bocca, a sentire il sapore salato del mio sesso tra le sue labbra.


Un'altra volta guidai E. verso il bagno, la feci inginocchiare nella vasca, con la bocca socchiusa, e le dissi di bere la mia urina. Nascondendo il disgusto, lei bevve, sorso dopo sorso, il fiotto caldo che usciva dal mio sesso, semieretto per l'eccitazione. Quando io mi fermavo per lasciarla ingoiare, lei mi guardava fisso negli occhi, orgogliosa, con un'aria di sfida nei suoi grandi occhi verdi da bambina. Alla fine, prese in bocca la punta del mio sesso, e la succhiò in silenzio, guardandomi sempre negli occhi. Continuai ad usarla spesso in quel modo. Non era necessario portarla in bagno: sapevo che la sua bocca non avrebbe lasciato cadere neanche una goccia.


Una sera, dopo aver fatto all'amore, lei mi disse ancora una volta di volere essere mia, solo mia. Decisi di metterla alla prova. Andai in cantina, per prendere il collare di una cagna di razza labrador, che per tutta la sua vita aveva vissuto con me, e che io avevo amato. Tornai su e, in silenzio, le infilai il collare. Lei mi guardò stupita, con gli occhi verdi sgranati. Poi capì. Si mise a quattro zampe, e cominciò a leccarmi la mano. Questo fu l'inizio di una nuova storia.

 




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Oltre il delta di Venere by S. Naporaz is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.

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