sabato 16 aprile 2011

L'iniziazione di F.


Da qualche mese F. aveva una doppia vita. Nella vita di tutti i giorni, F. era una ventenne alta e carina, che frequentava l'università. Aveva un fidanzato che la amava, e che lei amava. In alcuni pomeriggi, o in alcune serate, F. veniva a casa mia, o mi raggiungeva in una stanza d'albergo, per essere la mia amante. In realtà, il nostro gioco era più perverso. Durante la giornata, ci sentivamo spesso sul cellulare, ci scambiavamo sms. Ma, quando eravamo soli, F. non poteva muoversi se non stando a quattro zampe. Non poteva parlare, ma solo guaire. F. doveva essere la mia cagnetta.

F. era felice di questo gioco: se offrivo il mio cazzo duro alla sua bocca, si inginocchiava per leccarlo con dedizione. Era felice che usassi a fondo la sua bocca, fino all'inevitabile esplosione finale. F. amava essere usata così. Come quasi tutte le donne, del resto. Ma il nostro gioco andava oltre: nel leccare il mio il cazzo, F. doveva comportarsi da cagna, da vera cagna. Doveva leccarmi guaendo di gioia come avrebbe fatto una cagna. Pochissime donne farebbero questo per il loro amante. F. era felice di farlo per me.

Se le lanciavo un oggetto da riportarmi, F. lo afferrava con la bocca e me lo riportava festante, sculettando come una vera cagnetta. Io la accarezzavo, mi piaceva sentire i suoi seni pieni che ondeggiavano tra le mie mani, mi piaceva accarezzare il suo sesso, un fiore morbido e caldo. Quando la toccavo, F. guaiva di eccitazione, ed a volte muoveva ritmicamente i fianchi per godere contro la mia mano.



Purtroppo io e F. avevamo solo poche ore per noi. Non c'era molto tempo per giocare. Non mancavo mai di godere del sesso di F., aperto e grondante di umori per me. Quando la scopavo, F. all'inizio guaiva di gioia, poi gemeva di piacere, proprio come una vera cagna. Prima di lasciarla andar via, le facevo segno di ripulire il mio cazzo. Lei lo faceva con tristezza, perchè sapeva che per diverso tempo non ci saremmo più rivisti. F. non poteva lavarsi prima di andar via: si rivestiva lentamente, guardandomi, con la bocca impregnata dell'odore e del sapore del mio seme, e con il sesso madido di umori, per tornare alla sua vita di ragazza normale.


Perchè F. diventasse veramente mia, mancava un particolare: dovevo usare la sua apertura più stretta. F. non era ancora stata iniziata a questo tipo di sesso, e sapevo che la prima volta le avrei fatto male. Un pomeriggio chiamai F. mentre era all'università, e le dissi che la aspettavo nella mia stanza d'albergo. Alla reception avrebbe trovato una busta, che conteneva l'abbigliamento che avevo scelto: autoreggenti, un paio di scarpe con i tacchi molto alti, e ... un collare. Nient'altro. Il collare aveva le sue iniziali, ed era decorato da un grazioso campanellino che avevo scelto per lei. Sapevo che F. sarebbe stata felice di questo regalo.

Quando arrivò, F. prese la busta alla reception e andò in un bagno per cambiarsi. Uscì poco dopo, coperta dal suo soprabito leggero, ma quasi nuda sotto. Il collare che avevo scelto per lei era ben visibile, sul suo collo bianco, ed il campanellino tintinnava ad ogni suo passo. F. era nervosa ed eccitata. Prima di farla salire in stanza, la portai al bar dell'albergo per un drink. F. era rossa per la vergogna di dover indossare un collare da cagna. Ma era anche molto eccitata, ed orgogliosa per quel segno d'appartenenza. Quando F. finì di bere il drink, le mostrai un guinzaglio leggero, che avevo scelto per lei, e lo agganciai al suo collare, lentamente, come in un rito. F. rimase seduta, con gli occhi bassi, poi mi guardò felice. Felice di essere mia. Quando mi alzai dal banco del bar, F. mi seguì al guinzaglio, camminando sui suoi tacchi alti, facendo tintinnare il campanellino ad ogni passo.

Guidai F. verso le scale dell'albergo, le ordinai di sfilarsi il soprabito, e di mettersi a quattro zampe. F. arrossì di vergogna, mentre mi porgeva il soprabito. Poi ordinai ad F. di sfilarsi le scarpe, e di prenderle in bocca. Non era facile: le scarpe erano piuttosto pesanti. F. ci riuscì, dopo qualche sforzo, e mi guardò, rossa di vergogna ma felice di eseguire i miei ordini. Poi mi seguì camminando carponi lungo le scale, con gli occhi bassi ed il sedere ben alto, come le avevo insegnato ... incrociammo una delle cameriere ai piani, che ci guardò senza dir nulla. F. era bella, bella e flessuosa come una pantera. Il suo sedere, perfetto, tondo come una luna, ondeggiava leggermente ad ogni passo, al suono del campanellino.





Non avevo detto ad F. che quella sera avrei forzato la sua apertura più stretta. Ma sapevo che lei avrebbe fatto di tutto per essere mia. Arrivati in stanza, F. si accucciò sul letto, guardandomi mentre mi spogliavo. Il mio cazzo era duro, molto duro.






Cominciai ad accarezzare F. con dolcezza. Lei guaì di piacere. Le mie dita andarono sul suo sesso umido, poi si spostarono leggermente. Il suo ano era morbido, cedevole sotto le mie dita. Sapevo che le avrei fatto male. Sapevo che lei sarebbe stata felice di essere completamente mia.




Feci mettere F. a quattro zampe, sul letto, con il viso rivolto verso di me. Le offrii il mio cazzo, che lei prese in bocca subito, guaendo leggermente e guardandomi con i suoi occhi grandi e azzurri, da cagnetta.  Con una mano tenevo F. per i capelli, dietro la nuca, per guidare i suoi movimenti. Con l'altra mano andai tra le sue gambe, sul suo sesso umido. Lei allargò le gambe perchè potessi toccarla meglio.  La accarezzai e la penetrai con le dita. Poi le succhiai. Il sesso di F. aveva un sapore buono, dolce e salato insieme. L'odore ricordava quello delle conchiglie. Mi bagnai le dita di saliva e le appoggiai sul suo ano. Cominciai ad allargarla leggermente. Lei capì e si rilassò, lasciandomi fare, fino a che un mio dito non entrò. F. era ancora troppo tesa. La accarezzai. Estrassi il dito e lo avvicinai alla sua bocca. Lei lo succhiò subito, guardandomi con aria di sfida. Sapevo che lo avrebbe fatto. Voleva essere mia. A tutti i costi.

Ora aprii dietro F. con due dita, bagnate della sua saliva. Lei mi lasciò fare, restò immobile, tremando leggermente. Le stavo facendo male. La accarezzai dolcemente sul viso e sui capelli (la mia cagnetta) e feci vibrare le dita dentro di lei. Ora in lei c'era dolore, ma anche piacere.

Feci cenno ad F. di girarsi, e di offrirmi le sue natiche. F. mi guardò per un attimo, smarrita, prima di  ubbidire. Feci in modo che il suo viso e le sue spalle poggiassero sul letto. Solo le natiche sporgevano. Grandi, come lune gemelle. Morbide, color del latte. Con la fessura rosea nel mezzo. Allargai leggermente le natiche di F. con le mani, ed appoggiai il mio cazzo nel mezzo. Lo bagnai di saliva perchè scivolasse meglio. Si muoveva lentamente, su e giù, accarezzava le sue due aperture. Quella più piccola, stretta e rosea. E quella più grande, calda e bagnata di desiderio. Gli occhi di F. erano spalancati. Era immobile, silenziosa. Concentrata sulle sensazioni che provava. Una bambola di carne. Una bambola viva. Potevo solo sentire un leggero fremito quando il mio cazzo sfiorava la sua fica. Ma forse lo immaginavo soltanto.





Appoggiai il mio cazzo sull'apertura più stretta di F. . Le afferrai i fianchi. Cominciai a spingere. Lei restò immobile, tremando leggermente. Guaì quando il mio cazzo entrò. Dolore e paura. La accarezzai. Ero entrato solo fino al glande. Il suo ano si richiuse su di me, appena sotto il glande, come a volermi fare prigioniero. Le accarezzai la schiena. Bianca, morbida, leggermente sudata. Paura, dolore. F. guaì sotto le mie carezze. E la sua piccola apertura diventò più morbida.

Bagnai di saliva la mia asta, e cominciai a spingere. La forzai lentamente, millimetro dopo millimetro. Fino a impalarla completamente. Accarezzai la sua vulva bagnata. Infilai le dita nella sua vagina e le feci vibrare. Nonostante il dolore, lei mugolò di piacere. La accarezzai sul viso, schiacciato sulla coperta. Lei mi leccò la mano. Allora afferrai i suoi fianchi e cominciai a pompare dentro di lei. La incalzavo con il mio cazzo. Lo estraevo di qualche centimetro per poi sbatterlo di nuovo tutto dentro di lei, fino alle palle. F. guaiva di dolore e di piacere. Sapevo che il piacere di F. non era fisico. Lei godeva soprattutto del dare piacere a me, al suo padrone. Sapevo che il culo le avrebbe fatto male per giorni. Ma in quel momento era felice di essere mia, completamente.

Godetti a lungo di F., tenendola ben ferma per i fianchi. Ora il mio cazzo, bagnato di saliva, si muoveva agevolmente dentro di lei. F. guaì quando ripresi a sbatterla con forza per un'ultima volta, prima che il mio sperma schizzasse dentro di lei. Guardai il suo viso mentre restavo dentro di lei. F. era abbandonata, immobile, aperta, sotto le mie mani. C'era nei suoi occhi una luce particolare. Sentiva il mio seme dentro dentro di lei. Una sensazione nuova. Sembrava che lo accogliesse come un dono.

Accarezzai F. ed uscii lentamente da lei. La accarezzai tra le natiche, umide di sudore, di saliva e di sperma.  Accarezzai il suo buchetto morbido e roseo. Ora era un pò più morbido, scivoloso. Sapevo che le faceva male, che le avrebbe fatto male per un pò. Sapevo che avrei usato ancora, spesso, quell'apertura, dove F. era così morbida e stretta.

Dissi ad F. di girarsi con il viso verso la sponda del letto. Offrii il cazzo alla sua bocca perchè lo ripulisse. Lei lo succhiò con dedizione. Ogni tanto mi guardava negli occhi. Sembrava felice.




Poco dopo baciai F. sulla bocca e ci congedammo. Lei indossò il soprabito, restando nuda sotto. Uscimmo dalla stanza e ci allontanammo come due sconosciuti. Lei aveva ancora un filo di saliva sul mento. Sul suo viso c'era ancora l'odore del mio sperma. I suoi azzurri occhi erano grandi, il suo sguardo era un pò trasognato. Mi guardò un'ultima volta con dolcezza, prima di allontanarsi.

































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