giovedì 14 ottobre 2010

Il confine tra umiliazione e piacere


A. era la mia amante. Da poco si era offerta di diventare anche la mia schiava. A. era una donna carina, efficiente, perfetta. Forse aveva solo due punti deboli: era appassionata di shopping, ed amava le scarpe dal tacco alto.

Io amavo soprattutto lo sguardo dolce di A., dei suoi occhi scuri e profondi. La sua anima era trasparente come l'acqua. Questa era la parte di lei che amavo di più. Con me, A. imparò a scoprire la sua parte più nascosta. Conobbe segreti che non aveva mai svelato neanche a sè stessa. Segreti che dimenticava ogni volta che mi lasciava. Per poi ricordare ogni volta che mi incontrava ...

Quando era con me, A. amava concedermi tutto il suo corpo, in qualunque modo io desiderassi. Amava essere legata al letto, con le gambe ben divaricate, quando facevo l'amore con lei. Amava restare in ginocchio davanti a me, con le mani ammanettate dietro la schiena, per darmi piacere solo con la sua bocca. Ed amava eseguire tutti i miei ordini: camminare carponi sul pavimento della stanza come una cagnetta, leccare e succhiare accuratamente il mio sesso dopo essere stata sodomizzata ... queste cose la eccitavano, A. era felice di farle per me.

Sapevo che A. godeva ad essere umiliata ... e decisi di stabilire qual'era, per lei, il confine tra piacere e umiliazione. E di spostare questo confine, trasformando l'umiliazione in piacere ...

Una mattina, mentre A. dormiva accanto a me, la svegliai dolcemente, poi le ordinai di inginocchiarsi davanti a me, e di tenere la bocca socchiusa. Ancora insonnolita, A. fu pronta a eseguire il mio ordine. Il mio sesso era duro, come succede sempre al mattino. La curiosità di A. per il nuovo gioco si trasformò in disgusto, quando capì che volevo usare la sua bocca come un vespasiano.

Dopo aver riempito la bocca di A. con la mia urina, mi fermai e le ordinai di ingoiare. Lei lo fece a fatica, con le lacrime agli occhi e l'espressione disgustata. Ci vollero diversi minuti perchè, sorso dopo sorso, svuotassi completamente la mia vescica nella sua bocca. E perchè lei ingoiasse tutto, sorso dopo sorso. Gradualmente, al disgusto subentrò in A. il piacere di eseguire i miei ordini. Quando, dopo aver finito, le ordinai di prendere in bocca il mio sesso per ripulire le ultime gocce di urina, A. lo fece con piacere, con dedizione.

A. era felice di aver superato la prova. Un confine era stato varcato. Accarezzai dolcemente il suo viso e i capelli di A., le dissi quanto ero orgoglioso di lei. Per tutta risposta, A. strofinò lentamente le sue labbra lungo l'asta calda e dura del mio sesso, partendo dal basso, fino ad arrivare ad arrivare alla punta. Ed ingoiarla sospirando di piacere.





Decisi che A. era pronta per varcare nuovi confini. La invitai per un weekend da me, in una città molto lontana dalla sua, dove nessuno poteva conoscerla.

Preannunciai ad A. che avrei organizzato una festa per lei, che l'avrei presentata ai miei amici e alle mie amiche. Che l'avrei presentata come la mia nuova schiava. E che doveva essere pronta a tutto.

A. accettò.

Quando A. arrivò da me per il weekend, trascorsi con lei una piacevole mattinata passeggiando in giro per la mia città, che lei non conosceva. A. era felice di baciarmi, di accarezzarmi, di essere accarezzata. Consumammo un pasto leggero in un ristorantino discreto. Poi portai A. a casa, e le ordinai di spogliarsi e di prepararsi per la serata.

Quando A. fu pronta, completamente nuda, le feci sedere su uno dei divani del salotto, e le ammanettai una mano ad un termosifone. A. capì che il gioco era cominciato. Poggiai su un tavolino, davanti a lei, due grosse caraffe d'acqua ed un bicchiere. A. avrebbe dovuto bere tutte e due le caraffe, usando la mano rimasta libera, prima di sera. Per il resto, non le diedi altri compiti. Anzi, lasciai sul tavolino qualcuno dei libri che lei amava, perchè leggesse qualcosa per non annoiarsi, se lo desiderava.

Lasciai A. da sola, ripassando solo qualche volta, nel pomeriggio, per assicurarmi che fosse a suo agio. E che bevesse con regolarità. A. cominciò a intuire cosa l'attendeva. Forse si pentì di aver accettato con troppa leggerezza il mio invito. Ma continuò a bere, svuotando lentamente le due caraffe, come le avevo ordinato.

Prima di sera, le due caraffe erano vuote, ed A. era diventata ansiosa, tesa ... a volte si guardava intorno, con uno sguardo un pò smarrito. Accarezzai dolcemente il suo viso, per rassicurarla. Poi accarezzai il suo ventre, in basso, verso il sesso. Era teso. Potevo immaginare quanto la sua vescica fosse piena. E quanto desiderasse svuotarsi. Sfiorai i capezzoli di A. con le dita, poi li strinsi dolcemente. Lei mi sorrise, ma in modo un pò forzato. Capii che la sua mente era concentrata altrove.

Liberai A. dalle manette, la guidai verso il salotto, e la feci inginocchiare, e poi prostrare, su uno dei tappeti, al centro della stanza. Ordinai ad A. di allargare le gambe al massimo. Poi legai i suoi polsi dietro la schiena. La posizione di A. poteva sembrare piuttosto scomoda. In realtà non era difficile da sopportare: il tappeto era morbido, le corde non erano strette. Ma era una posizione molto umiliante. Il suo sesso era ben visibile, aperto ... A. non avrebbe mai immaginato che sarebbe stata presentata ai miei ospiti in quel modo.






Accarezzai i capelli di A., e le sollevai leggermente la testa per guardare il suo viso. Le sue guance erano rosse per la vergogna. Ma non mi disse nulla, si limitò a guardarmi dolcemente. Sfiorai con le dita il solco tra le sue natiche, poi scesi verso il suo sesso. Lo aprii. A. fremette di piacere. Ma potevo sentire la sua vescica, gonfia, sotto le mie dita. A. aveva bisogno di svuotarsi. Mancava solo un particolare. Misi sotto il sesso di A., in mezzo alle sue gambe, una bacinella di zinco. Scelsi questo tipo di materiale perchè avrebbe amplificato il suono del getto dell'urina di A., quando lei non sarebbe più riuscita a trattenersi, durante la festa, davanti ai miei ospiti.

Ora, A. era pronta per essere presentata come la mia nuova schiava. Non passò molto tempo prima che i miei primi ospiti accarezzassero la pelle bianca della sua schiena, divaricassero (con delicatezza, perche sapevano che A. era mia) le sue natiche, esplorassero dolcemente con le dita il suo sesso ed il suo ano. Diverse donne, sentendo quanto la vescica di A. era piena, dissero che la sua capacità di trattenersi era ammirevole. Ma che non avrebbe tardato molto a riempire la bacinella di zinco posta tra le sue gambe.

Tutti convennero che A. era una schiava molto promettente, una delle migliori che avessero mai visto. A. tremava per la vergogna, per l'umiliazione di sentirsi violata da mani estranee. Ma il suo sesso era vergognosamente bagnato. Disposi delle salviettine su un tavolino, vicino ad A., perchè gli ospiti potessero asciugarsi le dita, se lo desideravano. Molti ospiti si soffermarono anche a guardare il viso di A., i suoi occhi scuri e dolcissimi, ora umidi di lacrime per l'umiliazione.

Ovviamente, A. non era nel mio salotto solo per essere esposta, ma soprattutto per essere usata. Diversi ospiti mi pregarono di avere questo privilegio. Diedi la precedenza alle donne, perchè la posizione di A., prostrata con le mani legate dietro la schiena, era perfetta per soddisfare un'altra donna con la bocca. La prima delle donne che avrebbero usato A. era alta, con un fisico pieno e uno sguardo volitivo. Si sfilò lentamente il vestito, restando in sottoveste e giarrettiere, e si distese sul tappeto, con le gambe divaricate, in modo che il suo sesso fosse esattamente sotto la bocca di A.






A. non aveva mai soddisfatto un'altra donna. Dovette imparare a farlo, reprimendo il suo disgusto. La mia ospite dava i suoi ordini ad A. con voce bassa, un pò roca, ed era molto esigente. A. dovette percorrere a lungo con la lingua le labbra del suo sesso, baciare e succhiare il suo clitoride, poi affondare la lingua nella sua vagina, per poi tornare a dedicarsi al suo clitoride. La donna premeva le mani sulla nuca di A., le afferrava i capelli, per guidarla e godere meglio di lei. Prima dell'orgasmo, la donna spinse con forza il viso di A. contro il suo sesso. La lasciò libera solo dopo aver goduto, inarcandosi ed emettendo dei gemiti forti, animaleschi.

A. dovette soddisfare con la sua bocca diverse altre donne. Le più perverse si aprirono le natiche con le mani, ed ordinarono ad A. di leccare per bene il loro ano. Potevo immaginare il disgusto di A. nell'eseguire quest'ordine. Prima di allora, A. aveva fatto questo solo per me, che ero il suo padrone. Eppure A. eseguì tutto con scrupolo, senza mai lamentarsi.

Tutte le donne che A. aveva fatto godere si dissero molto soddisfatte. A. era stata estremamente servizievole. Ma la sua vescica era piena da scoppiare, e lei tremava nello sforzo di trattenersi ... infine, proprio dopo aver portato all'orgasmo un'altra donna, A. cedette. Il getto della sua urina schizzò rumorosamente nella bacinella di zinco posta tra le sue gambe. Il chiacchiericcio degli ospiti si interruppe. A. si stava svuotando sotto gli occhi di tutti, in un imbarazzante silenzio. Strinsi i capelli di A., sulla sua nuca, e sollevai il suo viso dal sesso della donna che aveva appena soddisfatto. Le pupille dei suoi grandi occhi verdi erano dilatate per il piacere di potersi finalmente liberare. Il getto della sua urina nella bacinella di zinco era forte, rumoroso, sembrava non finire mai. Sembrava il getto di una fontanella. A. era stata molto brava a trattenersi per tutto quel tempo.

A. mi guardava con un misto di piacere (per essersi finalmente liberata), orgoglio (per aver aver resistito così a lungo all'impulso di liberarsi, e per aver soddisfatto le mie ospiti con la sua bocca, come le avevo ordinato) e timore (sapeva che, comunque, ora l'avrei punita, per aver pisciato davanti ai miei ospiti). Ovviamente A. sapeva che io avevo predisposto tutto, compresa la bacinella di zinco tra le sue gambe, proprio perchè lei pisciasse davanti ai miei ospiti. Ma questo è un altro discorso.





A. sapeva che ora sarebbe stata sculacciata. Del resto, avevo già sculacciato A. diverse volte, a lungo, tenendola distesa sulle mie ginocchia. Questo faceva parte della sua educazione. Cominciai infilando con forza il pollice, fino in fondo, nell'ano di A. La sua apertura era già ben lubrificata: A. si era preparata, prima della festa, per essere usata in quel modo. Ma quando il mio pollice entrò così bruscamente dentro di lei, A. lanciò un grido, di sorpresa e di paura, sentendosi violata. Infilai le altre quattro dita della mia mano nel sesso di A., che era aperto, caldo e, ad essere sinceri, vergognosamente bagnato e scivoloso. Tenendola ferma in questo modo, cominciai a sculacciarla, con calma e con metodo, usando la mano libera. Alternavo il dolore, che le davo colpendola con forza sulle natiche, al piacere che le davo facendo vibrare le mie dita nel suo sesso e nel suo ano.

Per rendere tutto più difficile, ordinai ad A. di soddisfare i miei ospiti con la sua bocca. Lei diede il meglio di sè, ingoiando fino alla gola, uno dopo l'altro, i grossi falli degli ospiti, e soddisfacendoli fino a far sgorgare il loro sperma nella sua gola. I gemiti di dolore che A. emetteva quando la sculacciavo, e quelli di piacere, che non poteva trattenere quando facevo vibrare le mie dita dentro di lei, erano spesso soffocati dai sessi degli uomini che riempivano la sua bocca, come se fossero dei bavagli.





Sotto i miei colpi, il sedere di A. aveva assunto prima un delizioso color fragola, che ora stava sfumando nel viola prugna. A. sapeva che non avrebbe potuto sedersi per diversi giorni. Quando fui soddisfatto, quando il sedere di A. diventò bollente e così sensibile che mi bastava sfiorarlo con le dita per farla gemere di dolore, decisi che la punizione era finita, e sarei passato ad altro. Premetti dolcemente la punta del mio sesso, duro e gonfio di desiderio, sull'ano di A. Restai così per qualche secondo, e poi lo spinsi con forza tutto dentro di lei. A. era così eccitata, che ebbe un orgasmo violentissimo quando il mio fallo la violò. Abbandonandosi alle contrazioni del piacere, si dimenticò dell'ospite che stava usando la sua bocca, e mugolando strinse forte tra i denti il grosso fallo che la riempiva. L'uomo dovette darle uno schiaffo per farla tornare in sè.

A. si scusò, e l'incidente fu subito chiuso. A. continuò a soddisfare gli altri ospiti con la sua bocca mentre io godevo dentro di lei. Ora il suo viso e la sua bocca erano impregnati delle secrezioni di tutte le donne e degli uomini che l'avevano usata. Lo sperma degli uomini colava in lunghi fili dal suo mento. Eppure l'espressione di A. era molto dolce, estatica. Quando il mio sperma schizzò dentro di lei, riempiendola, A. ebbe un secondo orgasmo. Questa volta, A. fece attenzione a non abbandonarsi completamente al piacere, e a non mordere il fallo dell'uomo che stava riempiendo la sua bocca.

Estrassi il mio sesso dall'ano di A., la accarezzai con le dita mentre si richiudeva lentamente, poi mi avvicinai alla sua bocca, perchè mi ripulisse. Lei mi sorrise dolcemente, guardandomi con i suoi grandi occhi verdi, e cominciò a succhiare.

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