lunedì 4 ottobre 2010

La doppia vita di F.




F. è una donna timida, colta, intelligente, con un corpo da cerbiatta. F. vive ancora con i suoi, studia, ha un fidanzato. F. non sembrava molto attratta dal sesso, quando l'ho incontrata per la prima volta. Ma sembrava molto attratta da me. Le piaceva ascoltarmi, confidarsi con me. All'inizio, tra noi c'era solo amicizia: ci incontravamo solo di rado, quando avevamo tempo. Col tempo, F. cominciò a a confidarmi tutte le sue fantasie, anche le più intime, anche le più perverse.






I nostri incontri si sono fatti più frequenti. All'inizio, solo per chiacchierare e passeggiare insieme. Col tempo, ho capito quanto F. amava essere accarezzata da me. Quanto desiderava che io la accarezzassi. F. ha scoperto che nella sua vita c'era uno spazio vuoto, uno spazio fatto di fantasie, di perversioni. Uno spazio che lei non immaginava, e che voleva scoprire assieme a me.

F. non impiegò molto a conoscere e ad amare il sapore del mio sesso. Le insegnai a darmi, con la sua bocca, il massimo del piacere possibile. F. scoprì quanto adorava leccare il mio sesso, come se fosse una cagnetta. La mia cagnetta. Dopo aver goduto della bocca di F., la facevo mettere a quattro zampe, con le gambe ben divaricate. Il suo sesso era già pronto, bagnato, caldo ... mi piaceva godere a lungo dentro di lei ...






F. era sempre molto eccitata quando mi incontrava. Io le insegnai ad aspettare. A muoversi a quattro zampe per la stanza, come una cagnetta, a eseguire i miei ordini. Le insegnai a prendere con la bocca (solo con la bocca, senza usare le mani) un oggetto dal pavimento della stanza , e a riportarmelo, restando in attesa di una carezza. F. doveva restare sempre con la schiena ben inarcata verso il basso, le gambe ben dischiuse, in modo da esporre al massimo il suo sesso.






Amavo il modo in cui i seni di F. ondeggiavano dolcemente mentre lei si muoveva a quattro zampe per la stanza. A volte premiavo F. con un bocconcino dolce, che lei prendeva con la bocca direttamente dalle mie mani. Lei mostrava la sua gratitudine leccandomi dolcemente le mani, e poi restava fiduciosa in attesa di un nuovo gioco. A volte spalmavo di miele la punta del mio sesso, e facevo segno a F. di leccarmi. In questo gioco, al piacere di eseguire scrupolosamente i miei ordini, e di leccare il dolce sapore del miele, subentrava presto in F. il piacere di godere del mio fallo, che si gonfiava e riempiva la sua bocca. Allora le mie mani afferravano i capelli di F., premendo forte sulla sua nuca, ed il mio sesso cominciava a scavare la sua gola, togliendole il respiro. Fino all'inevitabile esito finale, che F. accoglieva con gioia.

Insegnai ad F. a trattenere i suoi orgasmi, ad aspettare, a lasciare che io godessi completamente di lei, senza che lei potesse sfogare il suo piacere. F. imparò il perverso piacere di assecondarmi. Imparò a trattenersi, a servire solo il mio desiderio, ignorando il suo.

F. faceva spesso l'amore col suo fidanzato, poteva sfogarsi con lui, ma con me era diverso ... ogni volta che la incontravo, F. era sempre più eccitata, sempre più affamata di quel piacere che io le negavo, ma che poteva facilmente trovare altrove ...






Insegnai a F. ad accettare, per amore, i giochi più umilianti. A volte, la sera, le chiedevo di salire sul treno che mi riportava a casa dal lavoro. Doveva essere vestita con una gonna corta, facile da sollevare. Non doveva indossare mutandine. Sul treno, guidavo F. verso uno scompartimento deserto, le ordinavo di inginocchiarsi davanti a me, e di prendere in bocca il mio sesso.

F. ubbidiva, tremando per la vergogna. Stringendole dolcemente i capelli, le davo il ritmo che desideravo, quello che mi dava più piacere. Vicino a me tenevo un cappotto, o un giornale, da usare per coprire il mio sesso se qualcuno fosse passato. A volte qualcuno passava. Allora io mi coprivo velocemente, mentre F. restava inginocchiata sul pavimento dello scompartimento, facendo finta di cercare qualcosa sotto il sedile. Per poi rialzarsi e tornare a sedersi, con il viso in fiamme ed il cuore che batteva forte.

Dopo essermi eccitato con la bocca di F., la guidavo dolcemente verso la toilette del treno, per usare il suo sesso. F. era felice di seguirmi: qualunque cosa era meglio che essere inginocchiata tra le mie gambe nello scompartimento, dandomi piacere con la sua bocca, con il rischio di essere scoperta. Nel piccolo spazio della toilette del treno, F. doveva sollevare la gonna, piegarsi in avanti il più possibile, tenendosi alle maniglie sulle pareti, inarcare la schiena verso il basso ed allargare bene le gambe, offrendomi il suo sesso. Che era già bagnato, aperto, pronto per me ...






F. doveva tenersi forte, lottare contro i sobbalzi del treno, restando aperta ed offerta come io la desideravo, con il viso a pochi centimetri dal water (desideravo che tenesse il busto e la testa il più in basso possibile, quando la usavo, perchè ciò mi dava più piacere).

Mentre penetravo il caldo fiore che F. mi offriva, mi tenevo con una mano ad una delle maniglie sulle pareti. Con l'altra mano stringevo forte i suoi capelli, dietro la nuca, per prenderla meglio. Oppure la tenevo per una spalla.

I muscoli di F. erano tesi per lo sforzo di restare aperta ed immobile, come io desideravo. A volte, per godere meglio di lei, afferravo le sue spalle con tutte e due le mani, e la spingevo forte verso di me. F. si apriva il più possibile, dimostrandomi quanto desiderava essere mia. In quei momenti le sue mani, afferrate alle maniglie, dovevano sostenere il suo ed il mio peso insieme. F. tremava per lo sforzo di restare immobile nonostante i movimenti del treno, in modo che io godessi di lei con più facilità.

Quando finalmente la riempivo con il mio sperma, F. era esausta, tremante per lo sforzo. L'ansia di di offrirsi a me, di assecondare completamente il mio desiderio, sembrava non lasciare alcuno spazio al suo piacere. Eppure, dopo che si era accovacciata tra le mie gambe per ripulire dolcemente il mio sesso con la sua bocca, F. mi guardava felice.







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